Villa Doria Pamphilj tra storia, arte e benessere

Villa Doria Pamphilj è un polmone verde e un importante frammento di storia romana tra Monteverde e la Via Aurelia Antica, a ovest del Gianicolo. Con i suoi circa 184 ettari è il più vasto parco pubblico di Roma e una delle ville storiche meglio conservate.

Mantenendo l’antica suddivisione in pars urbana (palazzo e giardini), pars fructuaria (pineta) e pars rustica (tenuta agricola).

Le origini e le vicende storiche

Le origini risalgono al Seicento: la Villa Vecchia era già presente nel 1630 quando Panfilo Pamphilj acquistò la tenuta. Tra il 1644 e il 1652, sotto Innocenzo X Pamphilj, fu costruita la Villa Nuova con interventi dell’Algardi e dell’architetto Grimaldi.

Nei secoli successivi la struttura della villa fu riorganizzata. Nel Settecento i giardini adottarono uno schema innovativo basato su due assi ortogonali. Tra Ottocento e Novecento furono creati un Orto Agronomico (opera di Francesco Bettini) e percorsi curvilinei che ne valorizzarono il paesaggio.

Nel 1849 l’area fu teatro di scontri durante la difesa della Repubblica Romana, eventi che influenzarono successive trasformazioni agricolo-architettoniche. Nel 1856 la proprietà si ampliò incorporando Villa Corsini; Tra il 1896 e il 1902 venne costruita la cappella di famiglia in stile neomedievale.

Nel XX secolo iniziarono gli espropri: il Comune avviò interventi dal 1939, lo Stato acquistò il nucleo originario nel 1957 e oltre 168 ettari passarono poi al Comune. L’ultima porzione fu acquisita nel 1971 e il parco venne aperto al pubblico nel 1972.

Le architetture e i punti di interesse

Fulcro monumentale è il Casino del Bel Respiro, capolavoro barocco iniziato nel 1644 (detto anche Casino di Allegrezze o dell’Algardi), sede di rappresentanza della Presidenza del Consiglio.

Di fronte si trova il Giardino Segreto, raffinato esempio di paesaggistica con siepi sagomate a colomba e giglio, piante esotiche, una fontana in bronzo e due peschiere. Il giardino è apparso diverse volte anche in produzioni cinematografiche recenti.

Nel parco si alternano il Giardino del Teatro con fontane e ninfeo, la Valle dei Daini (antica riserva di caccia), le serre ottocentesche e il Giardino delle Palme. Oltre a laghetti, cascatelle e specchi d’acqua che arricchiscono il paesaggio.

Villa Doria Pamphilj conserva anche importanti testimonianze archeologiche come il tratto dell’Acquedotto Traiano-Paolo lungo la Via Aurelia Antica. E inoltre strutture funerarie romane e il Casale di Giovio, costruito su un sepolcro imperiale.

L’insieme offre una lettura stratificata del paesaggio tra Settecento e Ottocento, combinando assi formali e scenari romantici.

La dimensione sociale di Villa Doria Pamphilj

Per i romani la villa è uno spazio vitale essendo molto frequentata da podisti, ciclisti, praticanti di nordic walking e famiglie. A questi offre percorsi lunghi, aree boschive e ampi prati per attività collettive e momenti di relax.

I vialetti ombreggiati invitano alla lettura e al riposo, i prati favoriscono convivialità informale; il parco è inoltre scelto per allenamenti, uscite scolastiche e attività ricreative.

La villa si inserisce nel quartiere Monteverde (Vecchio e Nuovo), noto per i villini liberty e l’atmosfera raccolta vicino a Trastevere e al Gianicolo.

L’ingresso principale è segnato dall’Arco dei Quattro Venti (progetto di Andrea Busiri Vici, seconda metà Ottocento), che introduce alla varietà del parco.

Camminando tra i sentieri si scoprono angoli e dettagli: rumori d’acqua, giochi di luce nel Giardino Segreto, ruderi e case coloniche di fasi diverse della storia urbana.

Villa Doria Pamphilj rimane così un luogo plurale: museo a cielo aperto, paesaggio storico e spazio quotidiano per la città. Una grande area verde capace di offrire contemplazione, movimento e scoperta in un unico, ampio respiro.

Con il Blog di Roma e del Lazio, Around Rome vi guida alla scoperta dei territori per il piacere di soddisfare curiosità e mettere la cultura al servizio di persone e imprese.

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A cura de il NETWORK | testo Andrea Franchini | foto Ezio Bocci
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