San Pietro in Vincoli è uno snodo affascinante di Roma perché intreccia devozione, arte rinascimentale e sapere tecnico-scientifico di Roma. Nel cuore del rione Monti, tra il Colosseo e l’Oppio, la basilica custodisce reliquie e capolavori scultorei.
Mentre la vicina Facoltà di Ingegneria della Sapienza, sede storica di via Eudossiana, racconta la modernità della città.
Esprimendo la sua vocazione alla formazione tecnica, erede della tradizione dello Stato pontificio che in quest’area investì in chiese e conventi e, secoli dopo, in istituzioni universitarie.
Le origini di San Pietro in Vincoli risalgono alla metà del V secolo. Secondo le fonti, fu fatta edificare dall’imperatrice Licinia Eudossia, figlia di Teodosio II e moglie di Valentiniano III, per ospitare le catene (vincoli) di san Pietro.
Un reliquiario che, secondo la tradizione, unisce le catene della prigionia del santo a Gerusalemme con quelle del Carcere Mamertino a Roma.
La basilica venne consacrata nel 439 (e, secondo altre fonti, riconsacrata nel 442-450 dopo ampliamenti). Subì importanti restauri tra XI e XV secolo, e un rinnovamento rinascimentale legato ai cardinali titolari della basilica, tra i quali Giuliano della Rovere.
Il futuro papa Giulio II ne promosse i lavori e soprattutto la creazione dell’opera più celebre custodita all’interno: il Mosè di Michelangelo (1505-1515 circa, con ritocchi successivi).
San Pietro in Vincoli presenta una tipica pianta basilicale paleocristiana a tre navate, scandite da colonne di spoglio con capitelli ionici e corinzi. La facciata sobria, preceduta da un portico del XV secolo, introduce a un interno chiaro, ritmato da un soffitto seicentesco a lacunari.
Nella confessione sotto l’altare maggiore si conserva il reliquiario con le catene di San Pietro. Viene mostrato tradizionalmente ai fedeli per celebrare la prigionia e la liberazione in occasione della festa di San Pietro in Vincoli il 1° agosto.
Tra le cappelle, spiccano affreschi e pale d’altare di epoca tardo-rinascimentale e barocca; notevole decorazione seicentesca del soffitto attribuita a Giovanni Battista Parodi e collaboratori.
Il fulcro artistico della basilica è il monumento funebre a Giulio II, riduzione del grandioso progetto michelangiolesco più volte rielaborato tra 1505 e 1545.
Al centro il celebre Mosè seduto con le Tavole della Legge, e due piccole “corna” luminose. Frutto di un errore di traduzione nella Vulgata (la Bibbia latina di San Girolamo). Il termine ebraico “qaran” (che significa “raggiante”, “luminoso”) fu interpretato come “cornuto”.
La composizione include anche le statue di Lia e Rachele (simboli della vita attiva e contemplativa), eseguite in parte dalla bottega. Questo ciclo racconta la tensione politica e spirituale del pontificato di Giulio II, grande mecenate e protagonista della Roma rinascimentale accanto a Bramante e Raffaello.
Accanto alla Basilica si sviluppa il complesso riutilizzato dall’Università “La Sapienza” di Roma come sede storica della Facoltà di Ingegneria (oggi Ingegneria Civile e Industriale).
In pochi isolati, Roma mostra come la città abbia saputo custodire reliquie e arte somma, mentre reinventava gli spazi monastici rendendoli luoghi di studio e innovazione.
Dopo la soppressione degli ordini religiosi nell’Ottocento, parte dell’antico convento dei canonici regolari passò allo Stato e quindi all’ateneo. Qui si insediarono laboratori e aule tra fine XIX e primi decenni del XX secolo.
A via Eudossiana, gli antichi corridoi si aprono su chiostri porticati che ospitano aule storiche come l’Aula del Chiostro. Mentre terrazze e giardini sospesi affacciano sui Fori e sul Colosseo. Una compresenza che ha influenzato la didattica dell’ingegneria strutturale e della conservazione.
Rilevante, nell’area universitaria anche la scalinata nota come “Scalinata dei Borgia” (già “Vicus sceleratus”). Su di essa affacciavano gli appartamenti della nobile famiglia di origine spagnola e, ai tempi dell’Antica Roma, vi sarebbe stato ucciso Servio Tullio, sesto re di Roma.
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