Richard Meier è un archistar americano il cui stile concettuale è stato influenzato da un incontro con il celebre Le Corbusier conosciuto durante un viaggio in Europa. Vincitore di numerosi premi internazionali per opere realizzate in vari Paesi, anche a Roma ha lasciato due importanti opere architettoniche caratterizzate da grandi volumi.
Agli inizi della carriera, Meier realizza edifici residenziali privati e successivamente si dedica a grandi strutture dedicate all’uso pubblico.
Due di queste, molto distanti e diverse concettualmente tra loro, si trovano a Roma. Una chiesa parrocchiale (tendente ad allagarsi con la pioggia) e una struttura museale. Una sorta di teca che ingloba un celebre monumento antico (ed è chiamata irriverentemente dai romani “la pompa di benzina”).
Nato nel 1934 a Newark nel New Jersey, Richard Meier ha progettato prevalentemente realizzazioni architettoniche negli Stati Uniti e in Europa con alcune significative opere in Asia.
Università, musei, centri culturali, chiese e centri residenziali portano la sua firma e diffondono la sua particolare idea di gestione di grandi spazi condivisi.
Per tornare a Roma, qui ha realizzato principalmente due opere che hanno diviso la critica, la stampa e l’opinione pubblica sul giudizio estetico, di funzionalità e di opportunità. Fortemente ispirato per sua stessa ammissione dallo stile dell’archistar francese Le Corbusier.
La cifra caratteristica di Meier è nell’uso del total white. Nello sviluppo di vaste superfici uniformi che insieme all’utilizzo di griglie modulari, parapetti e corrimano contribuiscono a uno stile “marinaresco” da terraferma. E nella particolare veicolazione della luce all’interno dei suoi edifici.
Realizzata con un uso razionale e abbondante di solide vetrate resistenti agli agenti atmosferici ma difficili da tenere pulite. Purismo formale, modernismo architettonico, architettura riflessiva. Comunque si descriva e si giudichi il suo stile, le sue realizzazioni non passano certo inosservate. Analizziamo in parallelo le due romane.
Il Museo dell’Ara Pacis, in pieno centro storico, viene costruito dal 2000 al 2006. Prende il posto della copertura del 1938 dell’architetto razionalista Vittorio Ballio Morpurgo, per custodire l’altare romano dedicato alla dea della Pace del I secolo a.C.
Un’assegnazione diretta del sindaco di allora, Walter Veltroni, contestata fin dall’inizio dal critico d‘arte Vittorio Sgarbi e dagli avversari politici.
La Chiesa di Dio Padre Misericordioso, detta anche Chiesa del Giubileo o Dives in Misericordia, è un luogo di culto cattolico. Iniziata nel 1998 e inaugurata nel 2003, nel quartiere periferico in via di sviluppo dell’Alessandrino. Un progetto che ha vinto una gara europea tra i più affermati studi del continente.
Già da qui vediamo alcune fondamentali differenze. Il primo è un luogo di cultura in pieno centro storico, il secondo un luogo di culto in una nuova periferia. La “teca del Meier” dell’Ara Pacis, ricca di spigoli che si esaltano alla vista nelle fughe prospettiche, non presenta alcuna rotondità. Come invece le cupole tondeggianti ideate come vele simboliche della Chiesa.
In entrambi gli edifici, l’uso delle superfici bianche esterne è risultato penalizzante da un punto di vista estetico. Perché purtroppo l’aria di Roma ha scurito con il suo smog gli intenti artistici di candore, purezza e lucentezza dell’architetto americano. Le cui opere capitoline non hanno smesso di sollevare grandi critiche anche a distanza di vent’anni.
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