La Riserva Naturale Regionale Selva del Lamone si trova nel Lazio settentrionale, nel territorio comunale di Farnese, in provincia di Viterbo, al confine con la Toscana. I suoi quasi 2mila ettari, istituiti ufficialmente nel 1994, costituiscono un lembo remoto e appartato della regione.
Un paesaggio dove la natura conserva forme antiche e una forte identità geomorfologica, frutto di antiche eruzioni del complesso vulcanico Vulsinio avvenute tra 150mila e 50mila anni fa.
Questo patrimonio naturalistico è riconosciuto anche a livello europeo, perché la riserva ricade in tre aree Natura 2000 (due SIC e una ZPS), segno dell’importanza conservazionistica dell’area.
Il territorio si presenta come un mosaico di boschi estesi – per circa il 90% della superficie – e di aree agricole a macchia di leopardo sul resto. Il tratto distintivo del paesaggio sono le colate laviche e gli ammassi di massi grigi che emergono ovunque.
Superfici tufacee e blocchi di lava ricoperti da muschi e licheni, con profonde fessure e piccoli avvallamenti che trattengono l’acqua formando stagni temporanei detti “lacioni”.
In questo territorio scorre il fiume Olpeta, che si estende per 32 km, compiendo un’ampia ansa all’interno della Caldera di Latera e segnando il limite meridionale della Selva del Lamone. Scorrendo incassato nel tufo e costellato da salti d’acqua, lambisce i resti dell’antica Castro e confluisce nel Fiora nei pressi del vecchio ponte di San Pietro.
Che era l’antico punto di demarcazione (già dal XV secolo) tra la Repubblica di Siena e lo Stato della Chiesa.
Dove il suolo è più profondo si è sviluppata una copertura forestale imponente. Dove la pietra affiora, la vegetazione resta bassa, rada e spesso spinosa, creando un ambiente variegato e affascinante.
I boschi della Selva del Lamone mostrano una doppia anima, che cambia lungo il versante orientale verso quello occidentale. Nei crateri e nei settori orientali prevalgono caratteri mesofili: domina il cerro accompagnato dal carpino nero e bianco e dal nocciolo. Qui la vegetazione appare più rigogliosa e chiusa, con un sottobosco ricco.
L’acero campestre, quello minore e l’orniello sono diffusi quasi ovunque e contribuiscono a rendere variegata la “tavolozza” vegetale. Dove la pietra lascia spazio a suoli coltivabili si trovano i cosiddetti “roggi”: prati-pascolo, seminativi, oliveti e vigneti che testimoniano l’antico rapporto tra uomo e ambiente.
Molte aree agricole, abbandonate tra gli anni ’60 e ’70 del XX secolo, sono in fase di successione naturale verso arbusteti e boschi di neoformazione.
La flora della Selva del Lamone è percorsa da un fitto intreccio di arbusti aromatici, felci, muschi e licheni che prosperano sopra la roccia vulcanica.
Tra le particolarità affiorano “bonsai” naturali: bagolari, aceri e cerri modellati dalla brucatura degli animali selvatici. Un’azione della natura che rende chiome e foglie sorprendentemente minute rispetto alla norma.
Questi esemplari, con forme contorte e compatte, sono piccoli capolavori di adattamento e contribuiscono al fascino scenografico del bosco.
La fauna rappresenta uno dei motivi principali per cui la Selva merita protezione. In un territorio circostante fortemente antropizzato, la Selva conserva rifugi naturali preziosi.
Grotte di pietra, anfratti tra i massi e alberi secolari offre riparo e siti di nidificazione a una ricca comunità animale. Il cinghiale è il sovrano incontrastato della riserva, presente in alta densità e visibile nei segni del suo passaggio sul terreno.
Gli altri mammiferi comuni includono volpe, faina, gatto selvatico, istrice e lepre. Tra gli uccelli spicca il Picchio rosso maggiore, simbolo della riserva. Notevole è anche la presenza di rapaci e di una avifauna variegata che trova qui nicchie di sosta e alimentazione.
Tra i rettili, l’aspide è uno dei più noti abitanti, mentre la rete di microhabitat favorisce anche anfibi e invertebrati specialisti dei substrati lavici.
Il suolo e la morfologia sono elementi centrali per capire la Selva: le lave affioranti interrompono la formazione del terreno profondo, limitando l’accumulo di humus a spazi ristretti.
Dove la materia organica si raccoglie, nascono microaree più fertili; dove prevale la pietra, la vegetazione resta rada e gli scenari diventano rocciosi e spettacolari.
L’intrico di specie spinose e arbustive, unito alla disposizione irregolare dei massi, rende molte aree impervie e a tratti impenetrabili, conferendo al bosco un aspetto selvaggio e primordiale.
Oltre alla natura, la Selva del Lamone custodisce testimonianze storiche e archeologiche che rivelano l’intenso rapporto tra uomo e paesaggio nel corso dei secoli.
Nel territorio si trovano siti che vanno dall’età del Bronzo fino al periodo etrusco e medievale come le sorgenti della Nova con un abitato dell’età del Bronzo finale. E come la Tomba del Gottimo (tomba a camera etrusca) e la fortezza tardo etrusca di Rofalco.
Di grande interesse è anche la Chiesa di Santa Maria di Sala, le cui origini come monastero risalgono all’epoca longobarda, e che fu ricostruita nel XII secolo.
La Selva del Lamone è un territorio che sa sorprendere in ogni stagione e le sue particolari conformazioni di pietra e bosco sono particolarmente fotogeniche. Dai riflessi muschiosi e umidi dell’inverno, alle esplosioni di verde della primavera, fino alle tinte calde dell’autunno.
I “lacioni”, piccoli specchi d’acqua temporanei nei periodi piovosi, e i “bonsai” naturali, meritano una sosta contemplativa. Per chi ama l’archeologia, i siti etruschi e la chiesa medievale offrono una dimensione storica che arricchisce la passeggiata.
La riserva è anche un luogo ideale per birdwatching, escursioni a piedi e per chi cerca un contatto più selvaggio con la natura. Sempre nel rispetto delle regole del parco per la conservazione degli habitat e della fauna.
Visitare questa riserva significa entrare in un ambiente dove il tempo geologico e quello umano si sovrappongono, dove la lava antica convive con querce secolari, e dove ogni passo regala scorci che invitano alla scoperta e al rispetto.
Un’area protetta che custodisce un bosco aspro e selvaggio, a tratti impenetrabile, formatosi su una “giovane” colata lavica risalente al periodo compreso fra 150.000 e 50.000 anni fa.
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