Le Terme di Caracalla, nonostante i loro oltre 1800 anni di storia, occupano un importante spazio vitale nella città e nel vissuto culturale e sociale dei suoi cittadini. Ciò sia per la loro posizione centralissima, nel cuore della passeggiata archeologica, sia per la loro attiva vocazione a luogo di spettacolo ed eventi.
Sono situate in un’area ricca di storia tra Palatino e Celio, Villa Celimontana, le chiese di Santo Stefano Rotondo e dei SS. Giovanni e Paolo.
Dal 1937, salvo qualche interruzione, le Terme sono la sede della Stagione Estiva dell’Opera di Roma, con alcuni allestimenti che hanno fatto clamore nel tempo. Quale la presenza sul palco di elefanti veri per la rappresentazione dell’“Aida” di Giuseppe Verdi.
Ma sono state anche teatro delle indimenticate Olimpiadi del 1960, con le gare di ginnastica artistica e il passaggio della celebre maratona vinta da Abebe Bikila a piedi nudi. A loro è legata inoltre l’allegra suggestione di una canzonetta popolare del 1949, “Le Terme di Caracalla”
Un motivetto orecchiabile, eseguito da Clara Jaione, il cui ritornello dice:
“Alle Terme di Caracalla i romani giocavano a palla /
dopo il bagno verso le tre chi la tira a me, chi la tira a te /
o con le mani o coi piè”.
Al di là di questa simpatica filastrocca, ben nota ai Romani, descriviamo questo monumentale complesso architettonico nella sua storia, struttura e stato attuale.
Le Terme di Caracalla, costruite per volere dell’imperatore Caracalla tra il 212 e il 216 d.C., si trovano sul Piccolo Aventino, accanto alla Via Appia.
Questo complesso termale, tra i più grandi dell’antichità, era alimentato da una speciale diramazione dell’Acqua Marcia, l’Aqua Antoniniana, che attraversava la Via Appia utilizzando l’arco di Druso. La sua costruzione richiese demolizioni e grandi sbancamenti della collina.
Occupando circa 15 ettari, le Terme di Caracalla si presentavano come l’edificio termale più imponente del tempo. L’impianto rettangolare tipico delle terme imperiali comprendeva calidarium, tepidarium, frigidarium e natatio, disposti lungo un asse centrale, con palestre e altri ambienti di incontro.
Le terme, infatti, arricchite da giardini, palestre e biblioteche erano per i Romani luoghi di socializzazione. Gli ambienti erano fastosamente ornati con colonne di marmo, mosaici, statue e stucchi.
Nei sotterranei, lunghi oltre 2 chilometri, operavano schiavi e tecnici specializzati, per mantenere efficienti impianti idrici e di riscaldamento ed un mulino.
Restaurate varie volte da Aureliano, Diocleziano e Teodosio, le Terme cessarono definitivamente di funzionare nel 537 d.C. Successivamente, il complesso fu abbandonato ma riutilizzato per scopi abitativi e agricoli. In particolare come vigneto dai proprietari di ville e enti ecclesiastici vicini.
Nonostante l’abbandono, le rovine fornirono continuamente materiali preziosi, come marmo e metalli, riutilizzati in importanti edifici quali il Duomo di Pisa e la Basilica di Santa Maria in Trastevere.
Dal XVI secolo, sotto papa Paolo III, iniziarono gli scavi che portarono alla luce famose statue sopravvissute, molte delle quali confluirono nella Collezione Farnese e poi a Napoli.
Tra i reperti più noti c’è il gruppo scultoreo del Supplizio di Dirce, noto come il Toro Farnese, ora al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Gli scavi proseguirono nel XIX secolo, e tra il 1901 e il 1938 furono esplorati i sotterranei, scoprendo un imponente mitreo sede di riti propiziatori.
Nel 2024, l’acqua ha riacquistato un ruolo fondamentale in questo sito archeologico, a distanza di oltre 1800 anni dalla sua realizzazione. E a quasi 1500 anni dalla sua scomparsa. La straordinaria struttura delle Terme di Caracalla ora si riflette in uno specchio progettato dalla Soprintendenza Speciale di Roma.
Questa installazione, vera e propria opera architettonica capace di evocare l’antica atmosfera, è stata ideata da Hannes Peer in collaborazione con Paolo Bornello.
Il progetto, con acqua a sfioro su tre lati, si distingue per modernità e incisività armonizzandosi con il carattere antico delle terme.
La sua forma, semplice e rettangolare, richiama volutamente la struttura della Natatio. L’immagine finale è quello di una complessiva maestosità amplificata da un elemento naturale essenziale qual è l’acqua.
Il rapporto di Roma con l’acqua, fondamentale fin dalla sua fondazione, si consolida e si rinnova preservando il passato e trasmettendolo nel futuro.
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